«Me lo ricordo bene Mario Francese.
Veniva quasi tutti i giorni a trovarmi quando ero un giovane sostituto alla procura diPalermo: mi chiedeva scherzando 'C'è niente? Qual è il menu di oggi?' e mi raccontava delle voci che raccoglieva in mezzo alla gente. Con le sue inchieste giornalistiche intuì che iCorleonesi stavano cambiando strategia e si interessavano sempre più ai grandi appalti.
Seguiva attentamente un'indagine che stavo svolgendo sulle espropriazioni miliardarie dei terreni per la costruzione della diga Garcia, alcuni dei quali appartenevano ai cugini Salvo, gliesattori di cui ancora non si conoscevano i legami mafiosi. Fu il primo cronista a fare il nome, sul Giornale di Sicilia, di Totò Riina e delle imprese a lui collegate».
Così, in un post su Facebook, il Presidente del Senato Pietro Grasso ricorda il giornalista Mario Francese
assassinato il 26 gennaio 1979. "Era la fine degli anni '70, molto prima che quelle che oggi ci sembrano informazioni lampanti potessero essere anche solo immaginate: Fancese fu ucciso sotto casa da Leoluca Bagarella il 26 gennaio di 37 anni fa. Giuseppe, il figlio di Mario Francese, aveva allora solo 12 anni. Scelse di diventare anche lui giornalista d'inchiesta e di fare tutto quel che poteva per cercare la verità e portare davanti alla giustizia i mafiosi che avevano assassinato suo padre. Ci riuscì, dopo più di 20 anni.
Raggiunto l'obiettivo sentì di non poter più sopportare la fatica e il dolore: si uccise. Voglio ricordarli entrambi: Mario e Giuseppe, vittime di una mafia senza scrupoli che temeva e teme i giornalisti bravi e coraggiosi".