Mi trovavo seduto sul sedile anteriore della vecchia auto di mio padre. Un mio fratello seduto dietro. Mio padre ci stava portando nella casetta che avevamo in affitto ad Aspra. La casa aveva un grande giardino, direi un vero e proprio terreno di campagna. Quella casa e quel grande giardino sembravano una specie di mini, che poi tanto mini non era, zoo. Papà ci teneva di tutto. Cani, gatti, capretta, galline, uccelli, conigli, ecc...

 

Quella mattina di primavera stavamo andando lì per dare il cibo a tutti gli animali. Arrivati a Ficarazzi, mio padre svolta a sinistra, e procede per una traversina che arrivava al lungomare. Ad un certo punto, da questa strada stretta, dalla parte anteriore di un camion posteggiato sbuca improvvisamente una bambina con una bicicletta. Mio padre con un gesto fulmineo e istintivo riuscì appena in tempo ad arrestare l'auto. La bambina, tranquilla come una pasqua, stava proseguendo la sua passeggiata, quando papà, apre il finestrino e le dice: «E se ti investivo? Devi stare più attenta con la bici quando vai per la strada».

La bambina con aria inebetita lo guarda e gli risponde: «Ma io aspittava (ma io ho aspettato)». Basta, mio padre mette la marcia e riparte. Qualche minuto dopo, scoppio a ridere. Preciso che quando ero piccolo avevo una risata che non riuscivo più a frenare ma aveva anche una peculiarità: era contagiosissima. Cosicché sia mio padre che mio fratello scoppiarono in una solenne risata da contagio senza capire in realtà perchè stessero ridendo. E più me lo chiedevano, più io ridevo e non riuscivo a prendere fiato per spiegarlo. Intanto tra le risate generali, l'auto proseguiva la sua corsa verso casa. Io seguitavo a ridere: loro appresso a me. Finalmente, quando arrivammo quasi a casa, riuscii a parlare: «Ma che cazzo stava aspettando la bambina, di morire?». Già perché se vogliamo proprio leggere nelle parole e soprattutto nelle intenzioni della bambina, sembrerebbe che si fosse nascosta dietro il camion e che stesse aspettando la prima auto per farsi schiacciare. «Io aspittava!», aveva risposto a mio padre. Ma aspettava che? La morte? Fortunatamente tutto andò liscio, grazie soprattutto ai riflessi di mio padre. Sono passati tanti anni ma quando, ogni tanto, ripenso a questo episodio, mi scappa ancora un sorriso.