Anche Bagheria ha celebrato il 21 marzo la giornata della memoria in ricordo delle vittime innocenti della mafia. Una manifestazione imponente, senza precedenti, 8 mila persone, sopratutto studenti. Assente la "vecchia" Bagheria, sono state le scuole del territorio a mobilitarsi. Un fiume umano di giovani, colorato, sorridente, che nel nome delle tante vittime innocenti invoca un cambio di rotta, un cambiamento vero nel segno della legalità. Promotrice dell'iniziativa è stata Vittoria Casa, dirigente scolastica e coordinatrice della rete interscolastica Bab El Gherib. Al fianco delle scuole anche molte associazioni di giovani, come a "A testa alta" e "Parru cu tia", tra i promotori del Centro di documentazione sui giornalisti uccisi dalla mafia "La Casa di Giuseppe Francese". Sul palco della manifestazione, a leggere i nomi delle vittime innocenti delle mafia, alcuni familiari di vittime della mafia, tra cui Giulio Francese. Alla dottoresa Vittoria Casa abbiamo chiesto una riflessione sulla manifestazione del 211 marzo a Bagheria.
“Bagheria è una specie di Sicilia dentro la Sicilia, quindi come una specie di ipertrofia dell’orrore e della dolcezza, in un certo senso. La Sicilia è uno dei posti dai quali la gente non va via: la gente scappa. Però è uno di quei posti dai quali, pur scappando, non si riesce ad andare via. Non so che cosa abbia di speciale questo luogo che era bellissimo, scelto nel settecento dai nobili siciliani come luogo privilegiato per la costruzione di magnifiche ville barocche e che poi la speculazione violenta ha trasformato in una sorta di metafora della mafia materializzata in cemento e bruttezza.” (F. Scianna)
“Questo luogo bellissimo”, Bagheria ieri, 21 Marzo, lo è ridiventato in una giornata di condivisione e impegno. Bagheria che ci ha quasi abituati alla rassegnazione, Bagheria indifferente, apatica, sporca, deturpata, ci ha mostrato che può e deve esistere una società civile pronta alla partecipazione, vicina alla bellezza. In una giornata dedicata alla memoria delle migliaia di vittime di mafia, vittime di questo luogo, di questa terra buia e coloratissima al tempo stesso, si è levato un alito di speranza, di fiducia per il futuro. Non ci illudiamo che questo rappresenti un punto d’arrivo, ma da questo occorre e si deve ripartire. E allora proprio nei volti dei bambini e dei ragazzi, nei parroci sempre in prima linea contro la mafia e il malaffare, negli insegnanti e nel loro lavoro svolto quotidianamente con senso del dovere e abnegazione, negli uomini dello Stato, che nello Stato hanno sempre creduto fino al limite del sacrificio più arduo, la bruttezza può disciogliersi e svelare che oltre al cielo azzurro esiste un orizzonte possibile, un tessuto sociale che generazione dopo generazione dovrà fortificarsi, rendersi terreno fertile di onestà e solidarietà. Questa terra non può dimenticarsi dei suoi colori, delle sue vivaci intelligenze, della sua storia, della sua unicità. Ognuno di noi dovrà impegnarsi quotidianamente nel suo lavoro, nelle aule delle scuole, nelle chiese, nelle associazioni, nei presidi istituzionali e fare in modo che il diritto non si confonda più con il favore, che il privato non sovrasti il pubblico, che l’io non predomini sul noi.
Non è una strada facile, è un percorso lungo, faticoso, impervio. Ma una giornata come quella che abbiamo vissuto ieri, qui a Bagheria, non può rimanere un bel ricordo; questa giornata deve darci il coraggio e la forza di pensare che questa città ha ancora speranza e che è possibile vivere e abitare una città normale, basta solo che ognuno di noi faccia il proprio dovere, basta che ognuno di noi sappia riconoscere la bellezza e impari a difenderla.
“Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà… È per questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in uomini e donne non si insinui più l’abitudine e la rassegnazione ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore …” (P. Impastato)