Recentemente ho interrotto una relazione. Una storia d'amore insomma, durata tanto, anche troppo, e che evidentemente, visto che è finita, amore non era più. Ma ti rimane lo stesso un vuoto: sono le abitudini, anche quelle cattive, anche quelle che sapevi perfettamente che erano cattive, pessime abitudini, ma che non riesci a troncare prima. Quando ti prende la nostalgia e ti senti un po' più solo cerchi gli amici, quelli che hai trascurato un po' per via di lei. Ma quando l'incontri capisci che non stai cercando loro, in fondo tu stai cercando semplicemente te stesso. E così ti rendi conto che vuoi stare un po' da solo. Già, stare un po' da soli non fa sempre male. E tra una solitaria passeggiata e l'altra capita che ti infili nella tua libreria preferita. E tra un libro e l'altro ti accorgi di lei. Una che lavora lì. Ma da quanto? Non l'avevo mai vista. Forse lavora da poco o forse da molto, forse ero io ad avere gli occhi "improsciuttati" da una finzione d'amore. Sta di fatto che ti avvicini a lei per chiederle qualche consiglio su più di un libro da regalare (siamo in pieno periodo natalizio) e qualche amica intelligente ce l'ho anch'io. E' lei che con la sua semplicità e cordialità mi aiuta e mi consiglia nelle scelte. La ringrazio, cordialmente la saluto e vado via. Ma io vado via, lei no: resta dentro me. Mi restano i suoi occhi semplici e profondi, la sua voce, la sua preparazione e la sua sensibilità: «Cosa le è successo al braccio, si è fatto male? Mi aveva domandato».
«Nulla di grave, sono caduto, ne avrò ancora per poco».
Ma il fatto che lo abbia notato e me lo abbia chiesto mi ha dato l'impressione di essere di fronte ad una donna dolce e sensibile. Sono tornato in libreria il giorno dopo, e il giorno appresso. Dal lei siamo passati al tu. Non conoscevo niente di lei, soltanto il suo nome, ma sapevo che mi piaceva e speravo di poterla rivedere fuori dalla libreria, così per scambiare quattro chiacchiere e per capire se davvero era come l'avevo immaginata.
Incombevano le feste natalizie, la libreria era sempre affollatissima: «Cazzo - pensai di colpo - e se sta lavorando soltanto per queste festività? Rischio di non vederla più». Dovevo necessariamente osare un po' di più. Ed ecco la geniale pensata: le compro il mio libro preferito, le scrivo una dedica, metto il mio biglietto da visita dentro al libro, lo faccio incartare in confezione regalo, poi mi avvicino a lei che era incasinatissima (antivigilia di Natale) e le dico: «Ciao, questo è per te».
«Oh grazie - risponde lei - ma scusa se non posso aprirlo adesso - vedi ho un sacco di persone». «Certo, volevo semplicemente farti gli auguri di Natale, magari torno un altro giorno, finite le vacanze. Ciao e auguri di nuovo».
Esco dalla libreria contento per avere fatto un primo passo verso l'ignoto. Ma dura poco: l'ignoto presto, anzi prestissimo diventa noto. Incontro Francesca tra circa duecentomila persone che passeggiavano al centro e che approfittavano della chiusura delle strade del centro storico per le festività natalizie. Io e Francesca non ci vedevamo da almeno un anno. Ma fortuna, sfiga o semplicemente per volere del destino ci siamo rincontrati in quel punto, a quell'ora, in mezzo a cotanta folla. «Ciao Francesca come stai?». E lì a raccontarci quasi un anno di vita, fino ad arrivare alla libreria ed al mio incontro.
«Ah, sì la conosco, è molto carina. Ma guarda che è fidanzata con un ragazzo altrettanto carino. Anzi ti dico di più, convivono e lui fa il barbiere».
«Basta Francesca! Praticamente hai preso un coltello, lo hai messo ad ardere al fuoco e mi hai dato una pugnalata in pieno petto: te ne sei accorta o no?».
Comunque il fidanzato deve essere un uomo intelligente dato che sta con lei. Che sia mai il barbiere di Siviglia?